Recupero del "Barchessone Vecchio"

Tema: Centro documentazione ambientale / Environmental documentation center
Località: San Martino Spino/Mirandola - Modena
Periodo: 1997-2000
Tipo: Restauro / Restoration
Ente: cooperativa
lo mauro&reggiani associati
Link utili: http://www.valledeidossi.it/home/home.asp

Il recupero del “Barchesone Vecchio” nelle Valli di Mirandola ha visto la trasformazione dell’edificio da organismo storico in luogo per attività pubbliche: una sala polifunzionale al piano terra (nello spazio delle scuderie) e un centro di documentazione ambientale al piano superiore. Sono stati recuperati e riusati, per quanto possibile, materiali esistenti, scegliendo nuovi materiali da fonti rinnovabili (lana di legno, legno, intonaci a calce e cocciopesto).
Al piano terra il sistema di riscaldamento è radiante a pavimento e utilizza l’impiantito in cotto a mano come massa termica di trasmissione. Per la depurazione dei reflui del piccolo ristoro affiancato all’edificio, si è scelto un sistema di fitodepurazione a vassoio percolato

Nelle Valli Mirandolesi si può osservare un manufatto rurale, il Barchesone Vecchio, che racchiude una parte importante della storia e delle tradizioni socio-culturali del territorio delle Valli stesse. Questo edificio, denominato anche la “Basilica delle Valli”, si distacca completamente dai rustici appartenenti alla cultura costruttiva locale. È il più importante della serie dei Barchessoni siti in quest’area, opere di ingegneria edile originali e notevoli per funzionalità ed estetica. I barchessoni sono edifici in mattoni, a uno o due piani, con caratteristica pianta poligonale. La struttura portante era costituita da uno o due giri di pilastri in muratura, i quali sostenevano una copertura in travi lignee disposte a raggiera attorno a un pilastro centrale. Il tetto, ricoperto da coppi, veniva ad assumere una forma a ombrello. Questa tipologia architettonica consentiva la creazione di un ambiente unico, molto ampio e funzionale, adibito a scuderia. Dei 7 barchessoni costruiti nel XIX sec., oggi ne restano solo 4, tra cui, appunto, il Barchesone Vecchio (costruito intorno al 1824).

L’organismo storico. L’edificio oggetto d’intervento è stato utilizzato fino ai primi anni ‘50 del ‘900 come edificio per l’allevamento dei cavalli. La struttura di sostegno principale è data da una colonna in muratura, di forma prismatica, che percorre in tutta la sua altezza il barchessone fino a emergere dal tetto, dove dà forma a un lanterna che funge da contrappeso, per evitare l’innalzamento delle travi di falda della copertura del secondo piano. Per tutta l’altezza del primo piano, sulla colonna centrale si avvolge una scala a chiocciola, racchiusa da un involucro in muratura, di forma prismatica, dal quale partono, a raggiera, otto travi, terminanti su una prima serie di pilastri, che sostengono il solaio del primo piano. Le travi sono sostenute da un arco spezzato in legno, formato da una controtrave e due saettoni inclinati, innestati rispettivamente nell’involucro prismatico e nei pilastri quadrati della prima serie. Ogni due pilastri c’è un arco, con funzione statica di sostegno sia per le murature di tamponamento del primo piano abitabile, sia per il peso della copertura della scuderia. Questa, situata al piano terreno, è sorretta da una cerchia di sedici pilastri quadrati di dimensione uguale ai precedenti, su cui si scaricano le travi di sostegno delle falde del tetto e tra i quali sono realizzate le murature di tamponamento. Nella sezione di mezzo, le travi di falda risultano appoggiate a una terza serie di pilastri quadrati, più piccoli. Attualmente esiste una scala esterna, realizzata con due rampe allineate, inframmezzate da un pianerottolo e costituite da una soletta in cemento armato che dà luogo ai gradini. La prima delle due rampe è sostenuta da due muretti dello spessore di due teste di mattoni pieni, mentre la seconda appoggia direttamente su due putrelle in ferro. La scala è completamente contenuta in un vano proprio, coperto da un tetto in coppi, appoggiati su di un assito in tavelle e sorretto da quattro travi disposte a croce.

Il progetto. Finalità principale dell’intervento è stata la trasformazione dell’organismo storico in luogo preposto ad attività di tipo pubblico: una sala polifunzionale, realizzata nello spazio delle scuderie, e un centro di documentazione ambientale “La Raganella”, ricavato al piano superiore, negli spazi un tempo utilizzati per l’abitazione del buttero. Nella sala polivalente trovano posto le strutture necessarie per ospitare mostre di vario tipo, per realizzare riunioni per attività varie o attività di informazione e formazione.
Al piano superiore trova posto il Centro di Documentazione Ambientale, dove si svolgono attività di didattica e di informazione sul paesaggio.

Sostenibilità metodo. L’approccio progettuale al recupero del Barchesone Vecchio è volto al ripristino e alla valorizzazione dello spazio interno mediante l’eliminazione di tutte le superfetazioni aggiunte nel corso degli anni. La bellezza e l’eleganza del monumento hanno potuto rivivere grazie a una paziente opera di pulizia e di ricostruzione parziale dello spazio, in particolare al piano superiore dove l’entità del degrado era tale da non consentire che un parziale recupero delle strutture presenti. L’adeguamento statico e ignifugo alle nuove prescrizioni di legge, l’integrazione dell’impiantistica elettrica e idrica dettata dalle rinate esigenze funzionali del Barchessone, la risposta al superamento delle barriere architettoniche e la necessità di cablare l’organismo per il Centro Culturale, hanno comportato l’acquisizione di nuovi elementi visivi, alieni alla cultura originaria del cavallo ma necessari all’interno del rinato contenitore.
Dalla lettura del restauro emerge la volontà di sostituire tutte le parti irrecuperabili e di evitare nel contempo inopportune operazioni di mimesi, cercando invece di valorizzare le differenze e contribuire con la progettazione alla loro integrazione nel contesto. Si è tentato contemporaneamente anche di salvare il salvabile, mediante l’ausilio di tecniche non invasive, nel rispetto delle caratteristiche strutturali e dei conseguenti limiti dei materiali.
Le materie prime utilizzate sono, per quanto possibile, scevre da trattamenti artificiali, per cercare di ricreare la simbiosi perduta tra costruito e natura, tra artificio e contesto.
Il tentativo di realizzare un’analogia tra le sfumature del paesaggio vallivo nella nebbia d’inverno e l’intensità dei colori delle stagioni, ha portato alla messa a punto di tinte a calce con ossidi, terre e leganti naturali che permettono la costruzione di cromatismi estremamente naturali. Una nuova chiave di lettura che emerge è la luce, che con la trama dei chiaroscuri e delle ombre contribuisce alla creazione di una spazialità unica. L’economia dell’intervento nasce dall’uso intelligente e razionale delle risorse del luogo, dal recupero di tecniche e finiture proprie della cultura autoctona con l’ausilio di materiali e prodotti “poveri”, non elaborati, ma trattati come materia grezza (legno, ferro, vetro, calci e mattoni) e valorizzati come tali.

Sostenibilità scelte. La ventilazione naturale trova in questo intervento una propria specifica valorizzazione. Il recupero delle paratie bausculanti al piano terra è divenuto a tutti gli effetti un sistema di ventilazione complesso per tutti i locali (la sala polivalente al piano terra e il centro di documentazione ambientale al piano superiore, che sfrutta l’effetto camino della scala elicoidale centrale).
Il processo di restauro ha posto in essere il recupero e il riuso per quanto possibile dei materiali esistenti mentre, per quanto riguarda la sostituzione degli elementi irrecuperabili, ha richiesto un’attenta valutazione dei processi costruttivi dell’organismo e una successiva scelta basata sulla compatibilità dell’esistente con quanto in produzione al momento dell’intervento, valutando la derivazione dei materialei stessi da fonti rinnovabili. Si tratta in massima parte di materiali naturali; ad esempio, la coibentazione del coperto in pannelli di lana di legno o lo stesso consolidamento del solaio centrale, compiuto mediante un processo sperimentale testato sulle calci.
La progettazione dell’involucro è stata fatta sulla base della legislazione allora vigente (ex l. 10/1991) che quindi ha comportato il rispetto di parametri oggi ormai obsoleti. Si scelsero dunque tecniche integrative atte a migliorare lo standard termico dell’organismo – all’esterno venne applicato, sulla muratura esistente in mattoni pieni a doppia/tripla testa, uno strato a più mani di tonachini che avevano come arriccio una base in cocciopesto, amalgama eccellente a migliorare la resa termica delle costruzioni in muratura.
La struttura di copertura richiese due diverse soluzioni costruttive. Per la sala polivalente, dove svolge funzione di mera copertura dello spazio, è stata svolta un’attenta disamina delle problematiche connesse alla natura ignifuga dell’oggetto. La sala viene utilizzata con uno standard termico proprio degli spazi sacri (la temperatura di esercizio ambiente è molto al di sotto delle prestazioni per sale riunioni o similari), questo per preservare le caratteristiche del monumento.
Una seconda copertura – riferita al piano superiore, attualmente utilizzato dal Centro di Documentazione Ambientale e quindi con una presenza continua di persone al suo interno – ha richiesto l’ausilio di un doppio tavolato ventilato con ca. 10 cm di lana di legno. Anche il tema del riscaldamento prevedeva due diverse risposte. Nella sala polivalente al piano terra dell’edificio, vista la natura e le caratteristiche dell’invaso monumentale, è stato installato un sistema di riscaldamento radiante a pavimento, che utilizza il soprastante impiantito in cotto a mano come massa termica di trasmissione. Al piano superiore, invece, è stata adottata una soluzione a ventilconvettori, che durante il periodo estivo garantiscono anche il raffrescamento. Il calore è prodotto da una caldaia ad alto rendimento di potenza sup. 35.000 kcal (ex l. 10/1991) funzionante a GPL, collocata all’esterno del fabbricato.
Il sistema di fitodepurazione a vassoio percolato è utilizzato per la depurazione dei reflui relativi all’attività del ristoro affiancata al Barchessone, con un dimensionamento dell’impianto pari a ca. 25 ab. equivalenti. Nei bagni di servizio per il pubblico sono stati installati sciacquoni a due vie, per la riduzione dei consumi idrici.

Committente: Cooperativa agricola O. Focherini, San Martino Spino Mirandola (MO)Progetto architettonico: arch. Fabio Reggiani Lo Mauro & Reggiani Associati, Bologna 
Strutture: ing. Francesco Pullè, San Felice sul Panaro (MO) Progetto idrotermosanitario e direzione lavori: p.i. Cosimo Puccillo Sintesi s.r.l., Castenaso (BO)
Progetto impianto elettrico e direzione lavori: p.i. Roberto Laffi Omega Studio Associato, Castenaso (BO) 
Direttore di cantiere: p.i. Mario Bulgarelli 
Appaltatore: Impresa Golinelli Oddo & C. s.n.c., Midolla (MO)
Inizio lavori: marzo 1997 
Fine lavori: dicembre 1998 
Superficie fondiaria: 6.500 m2 
Superficie utile: 750 m2 
Importo dell’opera: 1.211.500.000 lire